Quest’anno siamo stat* invitat* dai compagni e dalle compagne di Roccatederighi a partecipare alla festa che organizzano, proprio nella data che da il nome al coro, per ricordare Sante Geronimo Caserio, che pugnalò a morte nel 1894 il presidente della repubblica francese Marie-François Sadi Carnot. Non stupisce che un coro di canti anarchici e di protesta sociale abbia scelto di commemorare proprio la figura del fornaio anarchico; numerose sono infatti le canzoni a lui dedicate, come “Le ultime ore e la decapitazione di Caserio” di Pietro Cini (nota anche come “Aria di Caserio”) e “La ballata di Sante Caserio”di Pietro Gori.
Il coro rocchigiano trova la sua specificità nel canto a cappella. La modalità di canto è quella di un andamento lento, un’espressione collettiva a più voci, dove ad ogni brano si associano una prima voce, un controcanto e un coro. Ma non è solo questo. È una tradizione sentita che dal 1800 è rimasta viva e non riecheggia solo in questa data o durante il Primo Maggio, ma anche nei giorni qualunque, nelle osterie del paese, sopratutto nell’osteria del compagno Giannino. Perché canto, cibo e vino contribuiscono alla coesione e favoriscono la comunicazione di idee e ideali.
Non è un caso che a Roccatederighi si abbia ancora un ricordo vivo degli ultimi anarchici del secolo passato,sopratutto che non si siano persi i valori socialisti e libertari che da sempre animano la maggior parte della comunità. Il minatore socialista Serafino Baldanzi, gli anarchici Enea Bonelli, Bernardo Maschioni e Giacomo Ferrari sono solo alcuni dei nomi che ci ricordano la storia di questi luoghi dell’alta Maremma grossetana e di una generazione di militanti che si sono formati in un periodo attraversato da tensioni politiche, crisi sociali ed economiche e in cui i fermenti mazziniani, le passioni garibaldine e la cultura anticlericale hanno messo profonde radici a partire dai primi moti risorgimentali. Una passione che ancor oggi è ben visibile ancor prima di arrivare a Roccatederighi, cioè a Tatti dove, all’ingresso del paese, c’è un marmo dedicato a Garibaldi e Pisacane e nella stessa Rocca, dove fa bella mostra una lapide eseguita “per volontà del popolo” in omaggio a Garibaldi e che riporta in calce i nomi dei18 rocchigiani che parteciparono alle imprese garibaldine.
Lotta e insurrezione hanno sempre animato questa terra dalle insurrezioni per il diritto al legnatico alle lotte dei minatorie che vedono l’azione repressiva dei governi liberal-monarchici, ancor prima della proclamazione dello stato d’assedio, seguito ai moti della fame del maggio 1898. Le pagine del giornale “La Martinella” riportano la cronaca del processo tenuto nel 1986 contro il sindacalista socialista Pietro Ravagli per “istigazione a delinquere”e con altri 10 lavoratori per “eccitamento all’odio per aver cantato l’Inno dei lavoratori”. L’appassionante cronaca dei fatti è scritta sotto lo pseudonimo di “Nagario” da Antonio Gamberi “ateo convinto e fermo e socialista”, che con i suoi articoli e soprattutto le sue poesie in ottava ha diffuso fino ai nostri giorni quello che Franco Bertolucci descrive come “un socialismo originale, fortemente antiistituzionale, rivoluzionario e di classe, disprezzato in epoche successive perchè ritenuto superficiale e preistorico,ma sicuramente capace alla prova dei fatti di fare società, di costruire dei rapporti sociali nuovi e modelli alternativi a quelli borghesi.”
Minatore e manovale a sua volta, Gamberi attraverso la sua vita e la sua penna rappresenta il mondo dei lavoratori,minatori in particolare, le loro sofferenze, i loro ideali e quei primi tentativi di associazionismo che, dopo la decennale esperienza delle Società di Mutuo Soccorso, porteranno alla nascita del sindacato e della Camera del lavoro di Massa Marittima. Impossibile non ricordare il grande sciopero dei minatori della miniera di Ribolla del 1900 e le loro rivendicazioni.
Siamo la turba dei diseredati,
dei reietti,dei paria,degl’iloti;
vittime oscure siam,martiri ignoti,
vilipesi,derisi e calpestati.
(…)
Siamo il Lavoro che non soffre inchini,
siamo la Libertà senza barriere,
siamo la Fede che non ha confini;
siamo il “fango che sale”,furibondo,
ordinato in falangi battagliere,
per la conquista d’un novello mondo.
La microstoria di Roccatederighi ci racconta di uomini e donne semplici, con nomi e cognomi ai molti sconosciuti,ma forti di una passione che darà vita ad un originale socialismo anarchico internazionalista, antimilitarista, anticlericale ed animato dal Libero pensiero. Come testimonia il busto in omaggio a Francisco Ferrer, inaugurato per “volontà del popolo” nel 1914, nascosto durante gli anni del ventennio fascista e, infine, restaurato e ricollocato nel 1948, poco fuori le mura medioevali del paese. Storia di masse misconosciute dagli storici, che ci portano a scoprire che nel 1915 non ci furono solo gli operai di Torino a scioperare contro la guerra, ma che molti uomini e donne non stavano né con l’interventista Mussolini né con la scelta socialista del “né aderire né sabotare”.
Gli scioperi e le manifestazioni contro la guerra che infiammarono la maremma, e non solo, nella prima metà del 1915, ci fanno capire che “nel popolino”era forte la coscienza che la guerra reclamata non era niente altro che un grande macello ove i lavoratori italiani dovevano uccidere ed essere uccisi dai loro fratelli lavoratori austriaci solo per difendere il potere e la ricchezza dei potentati economici e politici dell’epoca. Il fermento e l’ardore delle lotte fu potente e solo il ventennio fascista poté spegnere l’animo di rivolta: la maggior parte dei giornali vennero chiusi o costretti a farlo, e la maggior parte degli oppositori vennero uccisi, incarcerati, confinati o costretti a ripiegare sull’esilio o sulla lotta in altri paesi come, ad esempio, la rivoluzione spagnola.
Se la storia ufficiale nulla o poco dice di tutto questo, ci pensa e ci penserà sempre la tradizione orale fatta di aneddoti, di poesie,come ad esempio la tradizione dell’ottava rima, tipicamente toscana e in particolare maremmana, ma soprattutto di canti. A Roccatederighi bisogna ringraziare, tra gli altri, Mauro Bonelli (l’Apostolo) e Roberto Brunacci (il Grifagnolo), per aver continuato questa tradizione e Gionni Bonelli, Gerri Bonelli, Johnny Marucci, Lorenzo Mucciarelli e Nicola Pantano, per averla raccolta. Proprio per questo, per la consapevolezza dell’importanza dei canti anarchici e di lotta sociale nella trasmissione dei valori e degli ideali, i compagni di Roccatederighi hanno deciso di fare un ulteriore passo: ridare vita a queste canzoni per un pubblico più giovane.
Iniziato quasi come una scommessa Claudio Iannuzzi, in arte Bube, è riuscito con i suoi “Mazzacani della soffitta” ad avviare, assieme ai compagni del Coro, questo progetto “Amore e Anarchia.Tradizione e Ri(e)voluzione”, che tra prove, discussioni in osteria e tanta allegria e voglia di fare sta per essere presentato in un doppio cd e che abbiamo potuto sentire in “prova generale” durante la bella giornata passata in piazza del Tufolino il16 di agosto. Molte e molti di voi sentiranno queste canzoni alla Vetrina dell’Editoria Anarchica che si terrà a Firenze tra pochi giorni o sul cd che verrà venduto. Per sentire però gli aneddoti sugli anarchici della Rocca, per respirare quella voglia di fare, di mantenere e far vivere gli ideali libertari, la volontà di recuperare quell’associazionismo che ha animato e anima la comunità, o, perché no, ricostituire un gruppo anarchico. Per quello l’unica cosa è stare insieme ai compagni e le compagne della Rocca sperando che il16 di agosto diventi un appuntamento fisso da condividere insieme.
Per la bibliografia ringrazio il compagno Franco Bertolucci della Biblioteca Franco Serantini.
Cristina
Bibliografia:
Roccastrada, Roccatederighi nella storia d’Italia : 1898, 1915, 1921 / Ilario Rosati. – Firenze : Pagnini e Martinelli, stampa 2000.Sulla storia della strage dei minatori di Ribolla del 1954 vedi:
Ribolla una miniera, una comunità nel XX secolo : la storia e la tragedia : atti del convegno nazionale di studi, Ribolla (GR) Centro civico, 5-6 giugno 2004 / a cura di Ivan Tognarini e Matteo Fiorani. – Firenze : Polistampa, c2005.Sulla tradizione sovversiva di quelle terre puoi leggere i seguenti volumi:
Invece di scansare le pattuglie, li vanno incontro senza timore … : cronache del Risorgimento a Massa Marittima, a Scarlino e dintorni : muratori e falegnami, braccianti e studenti, anticlericali e preti, mazziniani e codini, sovversivi e gendarmi nella vallata del Pecora dal 1845 al 1850 / di Fausto Bucci … [et al.]. – Follonica : La Ginestra-Viga, stampa 1998. – 149 p. ; 24 cm. – (Quaderni Virginia Gervasini ; 3)
A Monte Bottigli contro la guerra : dieci ragazzi, un decoratore mazziniano, un disertore viennese / di Corrado Barontini e Fausto Bucci ; collaborazione di Claudio Carboncini e Luca Verdini ; introduzione di Rodolfo Bugiani. – Follonica : La Ginestra, 2003. – 61 p. ; 22 cm. – (Quaderni Virginia Gervasini ; 6)
Gli antifascisti grossetani nella guerra civile spagnola / di Fausto Bucci … [et al.] ; collaborazione di Claudio Carboncini, Bruno Ferrini e Luca Verdini. – Follonica [GR] : La Ginestra Viga 2000, 2000. – 236 p. ; 22 cm. – (Quaderni Virginia Gervasini ; 5)